Il 3 febbraio 1957, dopo il solito telegiornale, fece la sua prima apparizione Carosello. Per il critico televisivo Aldo Grasso un “ghetto dorato della pubblicità”, che diverrà in breve appuntamento irrinunciabile per i bambini. Anzi, la fine canonica della loro giornata poiché dopo Carosello si finiva categoricamente a letto. Grasso nella sua Storia critica della televisione italiana affida la descrizione di quei momenti alle parole del semiologo Omar Calabrese «a quelle che diverranno le fatidiche ore 20:50 scatta una sigla dalla musica assai orecchiabile, e agli occhi esterrefatti dei telespettatori del dopocena si presenta uno spettacolo inusitato: dieci minuti di pubblicità. Era nata la più duratura, la più nota e (sembra impossibile) la più seguita delle trasmissioni di tutti i tempi. Era nato Carosello». E con lui la pubblicità televisiva in Italia. Carosello ebbe un impatto tale sul pubblico da svelare presto le sue potenzialità.
Calimero & friends
Ancor più chiare oggi alla luce della permanenza nell’immaginario collettivo – dopo ben mezzo secolo – di personaggi come Calimero (Mira Lanza), Jo Condor (Ferrero), Gringo (Montana), Miguel el merendero (Talmone), Caballero e Carmencita (Lavazza). O di attori come Ernesto Calindri (China Martini e Cynar), Ninetto Davoli (Premium Saiwa), Virna Lisi (Chlorodont) solo per fare alcuni esempi. E allietando di anno in anno la serata delle prime due reti con le sue storielle, Carosello arriverà a festeggiare il ventesimo compleanno.
Con l’avvento della televisione commerciale la pubblicità diventa arte cinematografica
La storia della televisione e quella pubblicitaria televisiva in Italia naturalmente coincidono: due ere (bianco-nero e colore) e tre periodi (le origini, il periodo legato alla nascita e al successo della televisione commerciale, e quello successivo alla diffusione dei device digitali). Sarebbe interessante ripercorrere organicamente anche l’evoluzione della pubblicità perché fenomeno socioculturale. Basti solo riflettere sul fatto che la pubblicità televisiva ha preso piede, almeno in Italia, col promuovere l’acquisto di beni di prima necessità per poi diventare un’enciclopedia del consumismo. E lo ha già fatto Vanni Codeluppi con Storia della pubblicità italiana.
Dallo "slogan" alla celluloide
Se tuttavia il linguaggio pubblicitario in origine concentrava la sua efficacia sullo slogan, nella fase successiva la pubblicità è passata a dare più importanza alla costruzione dell’immagine fino a raggiungere paradossi di idealizzazione. Come nella famiglia del primo Mulino Bianco che ha turbato i sonni di tanti adolescenti che non vi riconoscevano la propria. Preferiamo soffermarci su questo periodo rievocandone alcuni momenti salienti. Momenti seguiti per lo più al successo delle reti televisive commerciali, fra gli anni ottanta e novanta del secolo scorso. Quando la pubblicità si è fatta addirittura “cinematografica” e, a tutti gli effetti, una forma d’arte. Tanti i “maestri” che hanno filmato campagne cimentandoci con modalità espressive e tempi contratti: da Federico Fellini a Gabriele Salvatores, Paolo Sorrentino e Giuseppe Tornatore, solo per citare gli italiani vincitori di Oscar.
Cinema e messaggio pubblicitario
E se Sophia Loren fu testimonial perfetta per un noto prosciutto cotto (sia pur solo per il cospicuo ingaggio, e lo abbiamo ricordato qui, la pubblicità, di rimando, ci ha fatto dono di un’altra superstar: una Charlize Theron agli esordi per Martini. E ci ha divertito mettendo a dura prova autorevoli sex symbol al maschile, alle prese di volta in volta con galline perplesse, scatolette di tonno, furti di caffè (e non solo) , senescenza da wi-fi o con l’umiliazione di essere ingaggiati tanto per evocare la bellissima moglie, ormai ex. O per mostrarci addirittura chi, una volta scampato alle grinfie di un orso (pur confortato da un Oscar), finisce alla guida di una 500 ibrida.
Meglio è andata alle superstar donne che abbiamo almeno visto gattonare in un auto bloccata per raggiungere il posto di guida dal portello posteriore, senza proferire parola, togliendo semplicemente le scarpe, o uscirne con piglio da amazzone. Equivocare un incontro solo per un sorso di bevanda gassata, o presentarsi in piena riunione di condominio, in un quartiere popolare, in abito da sera avanzando proposte improbabili.
Il fenomeno Chanel N°5
Lanciare un prodotto sul mercato è operazione estremamente onerosa, che non lascia spazio a eventuali errori. Rilanciarlo la rende ancor più delicata. Quello di Chanel N°5 nel 2005 è stata forse l’operazione pubblicitaria di rilancio di un prodotto più importante mai realizzata nella storia della pubblicità. Se solo si considera che, per la sola campagna pubblicitaria televisiva, venne realizzato un doppio spot hollywoodiano (della durata rispettiva di 2:00 e 3:00 minuti). Cui hanno fatto seguito un cortometraggio sul making of e un film, di 25 minuti di durata, sull’intero progetto a partire dall’idea.
Il tutto sotto la direzione artistica di Karl Lagerfeld e la regia di Baz Lurhmann già regista di Moulin Rouge! (2001), cui tutta l’operazione si ispira. E da cui nasce la scelta della testimonial: una Nicole Kidman “fresca” di Oscar. A rendere poi più seducente il messaggio pubblicitario si è ricorsi alle note di un Clair de lune di Claude Debussy. Un’operazione di rilancio, di assoluto successo che tornò a vantaggio anche dell’haute couture e joaillerie della Maison.
Chanel N°5 e Marilyn Monroe
Ma Chanel non era nuova a operazioni così raffinate. Il sogno e la leggenda di Chanel N°5 nascono addirittura prima del 1952, grazie a una battuta, in risposta a una domanda fatta chissà da chi e quando, sulla lingerie preferita da Marylin Monroe a letto: “What do you wear to bed?” “Just a few drops of N°5”. Riportata quasi alla lettera, in un’intervista sul magazine Life, in occasione della sua prima copertina.Ma solo nel 2012 la Maison recuperò la registrazione su nastro di quello che ha il tono di una confidenza, rilasciata probabilmente dalla superstar nel 1960 a Georges Belmont di Marie Claire, sull’insistenza di quella ormai famosa domanda e sull’assoluta sincerità della risposta.
Era l’unico documento sonoro dello slogan pubblicitario più famoso al mondo. E la Maison ne fece un docu-spot: il primo con Marilyn. Quell’inconsapevole “Just a few drops of N°5” avrebbe portato, giusto per un caso, fortuna alla fragranza, stando alla vulgata della Maison. Ma anche questo fa parte del “gioco”.
Fonti
Aldo Grasso, Storia critica della televisione italiana (1954-1979) © il Saggiatore S.r.l., Milano 2019
Vanni Codeluppi, Storia della pubblicità italiana, © Carocci editore, Roma 2013
Chanel.com
Inside Chanel, Chanel N°5 commercial by Kidman/Lagerfel/Lurhmann
YouTube
Chanel N°5 (versione con titoli di coda, 3:01 minuti)
Chanel N°5: Le Film du Film (durata: 8:33 minuti)
N°5 The film (durata 25:57 minuti)
Charlize Theron per Martini bianco (1995)
Sophia Loren per Parmacotto (1992)
Antonio Banderas per Galletti mulino bianco (2014)
Kevin Costner per Tonno rio mare (2014)
George Clooney e Jean Dujardin per Nespresso (2015)
Jude Law per Sky wi-fi (2020)
Brad Pitt per Chanel N°5 (2012)
Leonardo di Caprio per 500 elettrica (2020)
Catherine Zeta Jones per Alfa Romeo (2007)
Uma Thurman per Alfa Romeo Giulietta (2011)
Penelope Cruz per Schweppes (2014)
Nicole Kidman per Sky (2006)
Antonio Facchin per www.vigilanzatv.it (14 novembre 2020)