Hugo Cabret (Hugo, drammatico, USA, 2011) regia di Martin Scorsese. Con Asa Butterfield, Ben Kingsley, Chloë Grace Moretz, Helen McCrory, Sacha Baron Cohen, Jude Law, Ray Winstone, Christopher Lee, Michael Stuhlbarg
Parigi, 1931. Dopo la morte del padre (Law), il piccolo Hugo Cabret (Butterfield) vive nelle soffitte della Gare Montparnasse per evitare di farsi arrestare da un inflessibile ispettore caccia-orfani (Baron Cohen) e terminare la ricostruzione di un automa che il padre aveva salvato da un incendio.
Per farlo ruba giochi meccanici nel negozio di «papà Georges» (Kingsley), che un giorno lo scopre e gli sequestra un taccuino di appunti che Hugo porta sempre con sé.
Ne tornerà in possesso grazie alla figlioccia di «papà Georges», Isabelle (Moretz), e insieme sveleranno l’identità dell'autore, che è anche quello dell’automa, nonché di un grande pioniere del cinema.
"Nelle mani di Scorsese il bellissimo romanzo illustrato di Brian Selznick La straordinaria invenzione di Hugo Cabret (sceneggiato da John Logan) permette al regista di intrecciare i due temi forti della sua ispirazione – la sfida del singolo per trovare il proprio posto nel mondo e il cinema come lente per capire la realtà – e dilata la sua carica poetica fino a diventare un inno alla gioia di vivere e alle capacità dei sogni (cioè dei film) di regalarci momenti di felicità.
Al di là delle tante citazioni – Isabelle condivide con Hugo i suoi amori letterari (Emily Brontë, Dickens, Hugo), lui la porta a vedere Harold Lloyd e le parla di Douglas Fairbanks – il film invita a riconquistare una «innocenza della visione» che ci liberi dai pregiudizi e ci faccia tornare un po’ «bambini».
Non solo cinefilia, quindi (con la straordinaria ricostruzione dei primi set di Méliès), non solo 3D (qui finalmente usato in maniera inventiva) ma anche una cascata di piacere e commozione per rivendicare al cinema il posto che gli spetta nel rendere più bella la vita.
Meritatissimi Oscar per la scenografia (a Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo), la fotografia (Robert Richardson), il sonoro, il missaggio sonoro e gli effetti speciali. Ma avrebbe meritato anche quello per il miglior film (andato invece a The Artist). Martin Scorsese appare nei panni del fotografo che ritrae Méliès e sua moglie Jeanne (McCrory) davanti agli studi del regista” (Mereghetti).
Hugo Cabret è “un film più complesso di quel che sembra. È il racconto delle avventure di Hugo e Isabelle, adolescenti orfani, che negli anni '20 scoprono l'esistenza di Georges Méliès, inventore del cinema fantastico, compatriota e contemporaneo dei fratelli Lumière ... Con lui, Hugo scopre - e fa scoprire a Isabelle, che non è mai andata al cinema ... - i film dei Lumière, di Harold Lloyd, Buster Keaton e Pabst. Poteva uscirne una catechesi cinefila se non fosse per la passionale e autobiografica sincerità di Scorsese, visibile anche nell'uso del 3D. Le sue improvvise ellissi iniettano un magico splendore alle impressioni dei primi spettatori di fine '800, spaventati dall'arrivo di un treno in stazione.
È la stessa magia con cui il ladruncolo Hugo, esperto riparatore di orologi e meccanismi, cerca di aggiustare un automa scrivente trovato da suo padre. C'è infine un poliziotto idiota e malvagio, scortato da un feroce cane, che dà la caccia a tutti i bambini di strada orfani, caricandoli su un camion per trasportarli all'orfanotrofio: le allusioni metaforiche al nascente fascismo e alla prossima deportazione degli ebrei sono esplicite. Fra i tanti film sul cinema è uno dei più appassionati e inventivi”(Il Morandini), che esprime tutti i principali temi della poetica “corsesiana”: dall’interazione tra bene e male (con maggior attenzione alle molteplici sfumature del male, spesso degenerazione del bene), alla natura ingannevole della realtà, alla lotta per la sopravvivenza che spesso va di pari passo con quella per raggiungere il proprio ruolo nel mondo. E infine, nonostante sia primo per importanza, l’amore per il cinema espresso con un senso estetico non comune.
Antonio Facchin
Pubblicato il 2 maggio 2021 su VigilanzaTv