L'isolamento da Coronavirus ci ha insegnato una lezione: tagliare i "rami secchi" e circondarci di chi ci fa star bene

La reclusione forzata ci conferma l'importanza dei legami veri, sinceri con persone che ci arricchiscono interiormente e che vogliono il nostro bene  


L'isolamento forzato e la separazione da amici, amanti e parenti (o congiunti per dirla con il Presidente del Consiglio) è in procinto di allentarsi. Dopo due mesi di distacco dalle abituali frequentazioni, le maglie delle restrizioni imposte dall'emergenza Coronavirus stanno per allargarsi e in qualche modo - entro i vincoli regionali del decreto del Premier - potremmo riuscire a rivedere dal vivo le persone cui siamo affezionati, alle quali in questi difficili giorni siamo stati vicini solo virtualmente.

Il totale stravolgimento delle nostre vite a causa di un nemico invisibile non ci ha migliorati, a giudicare da quanto si legge sui social network. Siamo più incattiviti, più insofferenti, più esasperati e ci dividiamo perlopiù tra impauriti fautori del lockdown a oltranza ed esacerbati paladini delle riaperture costi quel che costi.  In tutto questo, ecco che la reclusione coatta e la possibile prossima futura scelta obbligata delle persone da frequentare devono averci insegnato l'importanza di "centellinare" le amicizie e i legami affettivi.

Ecco che, più che mai, diviene necessario "fare squadra" fra persone perbene, coltivare rapporti veri, sinceri, favorire gli amici meritevoli, gioire dei loro trionfi, sostenerli nelle loro cadute. Eliminando i "rami secchi", i "vampiri di energie", gli individui malevoli, a noi nocivi. L'unico argine allo scontento dilagante e l'unico baluardo in un mondo sempre più difficile è costruire reti di persone che agiscano per il bene e che si sostengano vicendevolmente. Circondarci di amici cari e sinceri, anche pochi, ma buoni.

In un futuro quanto mai incerto, è cruciale scegliere chi ci fa star bene, chi ci arricchisce interiormente, chi ci rende migliori. Riconoscere questi individui è facile: sono quelli che, quando ci si congeda dopo averli visti o sentiti, ci lasciano euforici, gioiosi, vitali. Quelli che hanno la luce negli occhi. E in una contingenza già delicata come quella che stiamo vivendo, non abbiamo bisogno di persone che spengono la nostra luce e che ci trascinano nel loro buio. Riconoscerle è altrettanto facile: sono spesso abbrutiti fuori e ancor più brutti dentro.

 

Pubblicato il 2 maggio 2020 su www.notizienazionali.it