Canale 5 suggella un passaggio di testimone
Lo sberleffo e "l'abuso" dei concorrenti, dicevamo, è un fenomeno televisivo che ha raggiunto livelli paradossali con Ciao Darwin grazie all’intelligente e colto cinismo di Paolo Bonolis, che più di una volta ha messo a dura prova, anche fisica, i partecipanti alle sue trasmissioni. Sabato 3 ottobre 1998, in prima serata su Canale 5, Bonolis raccoglie dunque il testimone di Corrado (La Corrida, nella versione originale, era andata in onda su quello stesso canale fino al 1997), ampliandone semplicemente l’arena. E con la scusa di “creare” l’uomo e la donna del nuovo millennio Bonolis invoca Charles Darwin, chiama accanto a sé un’avvenente Madre Natura, e si dota dell’immancabile “Sancio Panza” Laurenti.
Ciao Darwin, una gara sì. Di sopravvivenza
Due squadre contrapposte per categoria di appartenenza, capitanate da un personaggio noto, si contendono ogni settimana la vittoria. Perché l’una prevalga sull’altra, come in una lotta per la sopravvivenza di “una” specie, i “dilettanti” questa volta vanno allo sbaraglio tra prove fisiche, indovinelli, domande di cultura generale. Ma anche sfide di coraggio e prove di “superamento del disgusto”, come giustamente descritto da Aldo Grasso. Per non parlare poi della prova finale da superare immersi in una vasca che piano piano si riempie d’acqua. Fornendo un contributo determinante a un processo d'involuzione (con buona pace di Darwin) del prodotto televisivo e finendo nel 2019 sulle pagine della cronaca a causa di un grave incidente ai danni di un concorrente. Ma tutte le avvisaglie vi erano già nel 1955.
Domenica 19 giugno 1955, alle 21,25, debuttò Duecento al secondo sull'unico canale televisivo dell'epoca. Condotto da Mario Riva, scritto da Enzo Garinei e Sandro Giovannini per la regia di Romolo Siena, il programma è chiuso dopo sole 15 trasmissioni. Nato da un format americano, Dollar a Second, le duecento al secondo del titolo italiano si riferivano alle lire che il concorrente guadagnava per ogni secondo di permanenza davanti alla telecamera, in una gara che lo esponeva a prove di varia natura.
Ma capitava anche di dover ballare con un pupazzo di gomma, giocare a ping pong con una padella, fare slalom tra i birilli. Fin qui nulla di pericoloso. Ma si rischiava talvolta anche di finire coperti di cenere, o alle prese con la riparazione di una macchina a rischio d’esplosione o - penitenza che diverrà scontata - cadere in una vasca piena d’acqua.
Il valore televisivo della dignità umana
Come Aldo Grasso ne ha scritto in Storia critica della televisione italiana “la fisicità delle prove e la sottile perfidia di alcune penitenze finiscono per portare la trasmissione al centro di numerose polemiche”, e addirittura di una questione parlamentare. Insomma, Duecento al secondo venne ritenuta una trasmissione offensiva della dignità umana. Precorrendo ingenuamente quel tipo di programmi televisivi che, oltre alla dignità umana, arriveranno a offendere anche l’intelligenza del telespettatore.
E qualche motivo c’era se all’epoca Luciano Malaspina, come raccontato da Grasso, scrisse su Vie Nuove “vedere un uomo anziano, un padre di famiglia, mettersi carponi ed abbaiare, imitando un cane è cosa che non solo non fa ridere ma che suscita un senso di viva indignazione. Indignazione che si rivolge non verso il poveretto, che si rassegna a fare il buffone con il miraggio di arrotondare con qualche decina di migliaia di lire il magro bilancio familiare, ma verso coloro che speculando appunto sul disagio economico di tanta gente, comprano la dignità di qualche operaio o di qualche statale per allestire ‘spettacoli’ che rivelano soltanto la volgarità d’animo dei loro ideatori”.
Questo accadeva 65 anni fa. Di quella trasmissione restano poche tracce. Visive, s’intende. Ma la dignità umana resta senza prezzo. E lo sarebbe anche quella di alcuni conduttori, nonostante compensi fuori mercato, dispensati da reti televisive "commerciali" per definizione.
Fonti
Aldo Grasso, Storia critica della televisione italiana (1954-1979) © il Saggiatore S.r.l., Milano 2019